I Comuni stentano a passare dalla sperimentazione all’operatività, per un insieme di cause, prima fra tutte la carenza di risorse economiche.
Il contributo dell’Internet of Things per lo sviluppo di progetti Smart City è decisivo, come prova l’esperienza internazionale, ma i Comuni italiani stentano a passare dalla sperimentazione all’operatività, per un insieme di cause evidenziate dall’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano, prima fra tutte la carenza di risorse economiche.
In quali ambiti della futura «città intelligente» l’applicazione di soluzioni IoT può rivelarsi utile? Il principale ambito, soprattutto in ottica di razionalizzazione dei costi delle pubbliche amministrazioni, è lo «smart building», cioè il controllo automatizzato delle funzioni di un edificio (climatizzazione, illuminazione e sicurezza, ma non solo) tramite un Building Automation System, al fine di ottimizzare i consumi energetici e monitorare l’edificio per proteggerlo da atti vandalici. L’applicazione a scuole e altri edifici pubblici determinerebbe notevoli risparmi nei costi di gestione.
Tra gli altri ambiti di applicazione, la gestione intelligente dei parcheggi tramite app, finalizzata a minimizzare i temi di ricerca di un parcheggio da parte degli automobilisti e la conseguente congestione del traffico; il monitoraggio intelligente dei cestini di arredo urbano, in modo da ottimizzare le fasi di raccolta; l’illuminazione pubblica, con il passaggio al telecontrollo intelligente di intere linee e singoli lampioni, sempre allo scopo di ottimizzare i costi preservando il livello di servizio, contrariamente a quello che si verifica con i c.d. distacchi a scacchiera.
Eppure, sebbene la ricerca del Politecnico evidenzi che il 53% dei Comuni italiani ha attualmente allo studio o in fase di sperimentazione progetti di IoT in ambito Smart City, le amministrazioni faticano a rendere operative le sperimentazioni e ad estenderle all’intero tessuto urbano, per carenza di risorse economiche, ma anche di capacità progettuale e di risorse umane.
In una fase storica, quella attuale, particolarmente favorevole. Infatti, cresce la diffusione, soprattutto all’estero, delle reti LPWA (Low Power Wide Area), utilizzate per connettere gli oggetti. Reti caratterizzate da basse velocità e scambio di poche decine o centinaia di bit, di modo che la durata delle batterie che alimentano la sensoristica può oltrepassare i 10 anni. Il vantaggio delle reti LPWA, che rappresentano lo standard per l’IoT, è quello di rendere superflua l’installazione di reti dedicate, semplificando radicalmente la progettazione di nuove applicazioni. Sfortunatamente, anche su questo fronte, l’Italia mostra una sostanziale arretratezza.
Fonte: Elettrico Magazine